Floridi: «Milano e Roma città migliori seguendo il “modello Helsinki”»
Il 28 settembre 2020, in occasione del Next Generation Internet Summit, Helsinki e Amsterdam hanno annunciato il lancio dei loro siti web per l’Intelligenza Artificiale (Ai), i così detti open Ai registers. Sono le prime due città al mondo a offrire un tale servizio. I siti descrivono quali applicazioni di Ai vengono utilizzate nei due comuni, dove e come, quali banche dati sono state utilizzati per “addestrare” le applicazioni, e come queste applicazioni sono state valutate per evitare potenziali rischi, come la discriminazione. I siti offrono anche un canale di feedback, per consentire una maggiore partecipazione, indicando a chi rivolgersi. L’obiettivo è quello di rendere l’uso di soluzioni Ai tanto responsabili, trasparenti e aperte quanto altre attività del governo locale, al fine di migliorare i servizi e le esperienze dei cittadini. Al momento, i siti contengono solo otto applicazioni: cinque nel sito di Helsinki e tre nel sito di Amsterdam. Il progetto finale è quello di includere tutti i servizi di Ai delle due città. Si tratta chiaramente di un progetto molto interessante per diverse ragioni, vediamole.
Nonostante le tante speculazioni sull’arrivo di una super-intelligenza artificiale che ci renderà schiavi o animali domestici, come si può immaginare, l’Ai che appare nei due siti è una normale tecnologia digitale, usata per gestire parcheggi o aiutare a segnalare problemi di manutenzione stradale. Zero fantascienza, ma piuttosto la conferma di una tendenza recente, che vede l’Ai offerta sempre più spesso come servizio (AIaaS, AI as a Service). Per capire come questo sia possibile, si immagini quello che già avviene per molti altri software. Non c’è più bisogno di scaricarlo sul proprio computer, basta avere accesso al sito che offre le funzionalità necessarie, ad esempio un word processor. Nel caso dell’Ai, si tratta di un servizio che offre una capacità di risoluzione di problemi flessibile, si pensi alla gestione del traffico o alla vocalizzazione automatica di testi per non vedenti. Non proprio quindi come l’acqua e il gas, ma forse un po’ come l’elettricità, che serve a dare energia a mille tecnologie diverse. La AIaaS usata per sviluppare servizi pubblici urbani è una buona notizia. Via via che l’umanità si sposta per vivere sempre di più in poche megalopoli, queste ultime avranno bisogno di essere gestite in modo molto più intelligente, utilizzando sistemi di Ai che forniscono servizi più efficaci ed efficienti, in modo aperto e trasparente al controllo pubblico e al feedback.
In sempre più città, le persone interagiscono già quotidianamente attraverso, o con, applicazioni di Ai, “onlife”. È allora bene fare come Amsterdam e Helsinki e sensibilizzare i cittadini su queste significative trasformazioni urbane, rendendoli partecipi. Da un punto di vista etico, il progetto è rassicurante e porta una ventata di aria fresca. Dopo tutto il clamore su codici, elenchi di principi, quadri regolativi etc. (ne esistono oltre un centinaio) sull’etica dell’Ai, le due città hanno semplicemente deciso di inquadrare le applicazioni di Ai all’interno delle buone pratiche già disponibili che regolano i servizi pubblici. Questo approccio potrebbe essere riproducibile ovunque ci sia una buona “governance” della città. È interessante che si tratti di un progetto di “Ai sul campo”. La città è il luogo dove è più probabile che possano avvenire cambiamenti reali e positivi per l’automazione digitale, in modalità non dissimili da ciò che sta accadendo alle politiche verdi che cercano di contrastare il cambiamento climatico o l’inquinamento.
Ad esempio, nell’UE, il progetto AI4Cities, finanziato dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’UE, collega sei città e regioni europee alla ricerca di soluzioni di Ai su mobilità ed energia per raggiungere livelli di emissione zero. Non a caso due di loro sono di nuovo Amsterdam e Helsinki (gli altri membri sono Copenaghen, Regione parigina, Stavanger e Tallinn). Questo approccio locale, dal basso verso l’alto, consente più varietà e flessibilità di soluzioni. È vero che può essere rischioso, se non porta alla cooperazione, perché ci sono sfide e opportunità sistemiche globali che richiedono la giusta dimensione per essere affrontate con successo, si pensi solo all’attuale pandemia. Spesso fare anche molto bene ma da soli non basta. Tuttavia, il fatto che il progetto coinvolga due città appartenenti a due diversi Stati membri dell’Ue dimostra già che la cooperazione è possibile. Dovrebbe essere anche favorita, per garantire che altre città si possano unire presto, si pensi a Barcellona o a Milano. Un movimento europeo, guidato dalle città a sostegno dell’Ai per i servizi pubblici sarebbe uno sviluppo molto positivo.
Non si tratta di utopia: le città europee sono ben posizionate in termini di preparazione all’uso dell’Ai, secondo il Global Cities AI Readiness Index. La scalabilità locale (altri servizi possono essere facilmente aggiunti, valorizzando sempre di più il progetto) e la condivisibilità da parte di altre città produce soluzioni più efficienti ed efficaci, genera costi inferiori, permette un ciclo di feedback positivo, facendo evitare errori fatti da altri. Il progetto è stato realizzato dalla Saidot, una società finlandese specializzata in tecnologie e servizi digitali che supportano l’apertura (openess), la trasparenza, e la spiegabilità dell’Ai. Questa partnership pubblico-privato è una strategia fruttuosa, perché gli amministratori della città possono avere una conoscenza ottima dei servizi locali di Ai, ma spesso non hanno le competenze tecniche per tradurre queste informazioni in un servizio pubblico. Saidot sostiene che l’apertura e la trasparenza sono modi per costruire la fiducia sull’Ai tra i cittadini. “Fiducia attraverso la trasparenza”, per sintetizzare. Questo è un approccio ragionevole, ma si può migliorare. La fiducia richiede anche responsabilità e può inoltre essere rafforzata dalla possibilità di partecipare alle prime fasi del processo decisionale che porta ai servizi pubblici di Ai, piuttosto che solo alla fine, con feedback sul risultato.
Perciò è auspicabile che il feedback abbia un vero impatto (accountability), e che ci sia un’apertura alla partecipazione fin dai primi passi progettuali di un servizio di Ai, in modo che sia possibile il “co-design” delle soluzioni migliori. Al “controllo e fiducia” deve affiancarsi il “co-design e co-responsabilità” dell’Ai come servizio pubblico. Questi fattori hanno l’effetto collaterale di creare una cultura in cui sono i cittadini a essere abilitati a controllare e quindi determinare il comportamento dei servizi di Ai, non viceversa. Insomma, esattamente il contrario di quanti ancora paventano scenari catastrofici e distopici. Non importa se qualcuno controllerà effettivamente i servizi disponibili sui siti. Il fatto che chiunque possa farlo è già sufficiente. L’occhio del cittadino tiene in riga l’Ai, anche solo in teoria. Spero tanto che l’esperimento avrà successo. Se lo merita. Ma anche se dovesse fallire, è chiaro che ha già avuto la funzione di indicare una delle strade giuste da percorrere per realizzare servizi pubblici basati sull’Ai. L’Ai è una tecnologia straordinaria che può essere di enorme aiuto nella gestione della crescente complessità del nostro mondo. Sfruttarla in modo intelligente a livello urbano è un’ottima idea. Farlo con trasparenza e coinvolgimento dei cittadini a tutti i livelli è la cosa giusta da fare.