AMBIENTE

Emergenza storni a Roma, Wwf: «Ecco come risolvere il problema»

Gli storni erano a Roma già negli Anni Venti. Ma una soluzione c’è e si chiama “il grido d’angoscia”

ROMA – Quando la fauna diventa emergenza non è colpa degli animali, ma di chi ha creato le condizioni perché questo avvenga. Antonio Canu, presidente di Wwf Oasi, è uno dei principali esperti di animali in città e vive a Roma e non ci sta a scaricare sulla fauna selvatica che vive stabilmente nella Capitale da molti anni la colpa delle difficoltà che i romani incontrano in questi giorni per il guano e problemi correlati come la diffusione dei ratti.

Il caso degli storni risale agli anni Venti
«L’inurbamento di alcune specie animali è un fenomeno in aumento – sottolinea Canu all’Askanews -. E lo sarà sempre di più. E’ quindi necessario accettare e anche valorizzare questa convivenza. Non a caso in alcune città già si tiene conto di questo aspetto importante». Il caso degli storni è ormai vecchio, ricorda Canu, autore del libro “Roma selvatica” pubblicato la scorsa estate da Laterza. Gli storni, infatti, arrivarono a Roma negli anni Venti e cominciarono da subito ad utilizzare come dormitori notturni il cortile di Palazzo Venezia, Villa Torlonia, piazza Cavour.

“Il grido d’angoscia” come soluzione
Nel 1970 erano presenti a Villa Ada, Villa Pamphili, via XX Settembre, viale Trastevere e lungo via Appia Nuova. Nei primi anni Ottanta gli storni hanno formato dormitori anche sui platani della riva destra del Tevere, tra ponte Matteotti e ponte S.Angelo. Negli ultimi anni hanno raggiunto picchi di oltre 5 milioni di presenze, ma per ovviare ai disagi che arrecano, ricorda Canu, «si può usare il metodo che riscuote maggior successo. Quello del grido d’angoscia, cioè il grido che un individuo lancia in caso di pericolo e che mette in fuga i suoi simili, che fuggono in zone meno problematiche. E che in questo caso viene lanciato da un semplice registratore».

Il problema dei ratti
In quanto ai ratti, «ci accompagnano da millenni, perché approfittano delle nostre abitudini – sottolinea l’esperto del Wwf -. Nel caso delle città, quella di abbandonare i rifiuti per strada, sui marciapiedi, nelle scarpate. La presenza di questi animali è infatti legata soprattutto alla disponibilità di cibo. E non mi sembra che Roma brilli in pulizia. Ecco, la soluzione mi sembra ovvia».

La proposta del WWF
Se dovesse suggerire al Campidoglio il modo più efficace per non arrivare alle estreme conseguenze delle quali i cittadini stanno pagando in questi giorni gli impatti, Canu non ha esitazioni: «Bisogna inserire la gestione della fauna e della flora selvatica come parte della pianificazione urbana ordinaria – spiega ad Askanews -. Sono ormai una componente della città non un’emergenza. Si spendono un sacco di soldi a recuperare sui danni, quando ne basterebbero molti meno per programmare».

Roma deve proteggere le sue biodiversità
Il presidente del Wwf Oasi, nel volume pubblicato da Laterza, racconta Roma come in un diario naturalistico urbano dove protagonisti sono animali e piante, la loro storia, il loro arrivo, la loro scoperta, i luoghi inaspettati e vicini che abitano. Roma, sostiene, non sarebbe la stessa senza volpi, gabbiani, pappagalli, testuggini, e persino storni: «lo confermo – spiega al termine dell’intervista -. Roma è la città che ha più biodiversità tra le città italiane e anche europee. E’ una città che ha molti spazi verdi. Ville, parchi, perfino aree archeologiche sono habitat che ospitano fauna e flora selvatiche . Sono presenze che arricchiscono una città. Ci siamo troppo allontanati dalla natura per non dare valore ad un contatto quotidiano così a portata di occhi. Che può essere un fiore sul marciapiede, il merlo sul terrazzo, l’arrivo dei rondoni in primavera. Un consiglio è quello di osservare e conoscere la fauna e la flora presente in città. Incuriosirsi, documentarsi. E poi, fare del proprio balcone una piccola oasi. Basta una mangiatoia e qualche vaso per avere uccelli e farfalle. Non è più bella la città così?”, conclude l’esperto.