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Chi comanda a Roma. Dalla Camorra alla ‘Ndrangheta, passando per la Mafia siciliana, tutte le puntate dell’inchiesta di RomaToday

Bella Monaca e San Basilio, ossia le roccaforti dello spaccio, soprattutto fuori del grande raccordo anulare, sembrano inattaccabili con intrecci criminali che toccano anche i clan di camorra, ‘ndrangheta o mafia siciliana, spostandosi però c’è spazio per tutti perché, citando Romanzo Criminale, “Roma non vo’ padroni”.

Sono almeno trenta le piazze di spaccio “censite” in città al centro storico ai vicoli, dai locali della movida fino ai giardini pubblici. Di recente nuove zone in cui si vende droga stanno scalando la “classifica” di rilevanza. Tra queste, senza dubbio, c’è il Trullo che è il “regno dei nuovi narcos” e dove si è “lavorato” per colmare i vuoti lasciati dallo storico clan Gambacurta, attivo nella vicina zona di Montespaccato.

Una cosa è certa, a Roma ci sono organizzazioni strutturate in maniera “professionale”, anche con welfare dedicati per i pusher. Un “lavoro” che qualcuno, intercettato nelle varie operazioni che hanno decipiatato piazze di spaccio, chiama “andare al cantiere” e che documentano il metodo “aziendale” con cui viene venduta la droga. Un “modello imprenditoriale-criminale” con una meticolosa suddivisione dei compiti, stipendi e assistenze legali e l’impiego sempre più frequente di minorenni.

La Narcomappa di Roma
Le piazze di spaccio di Roma sono un fenomeno criminale che ha caratteristiche sia quantitative e qualitative. La densità maggiore delle piazze di spaccio è nei quartieri di Tor Bella Monaca (dove c’è il “buco famoso in tutta Roma”), San Basilio, Montespaccato, Romanina, Acilia, Primavalle, Ponte di Nona, Tufello, Giardinetti-Borghesiana, Torre Nova, Nuova Ostia, Quartaccio, e Bastogi. Una vera e propria Narcomappa di Roma.

Si tratta di piazze di spaccio “chiuse” fondate anche sulla fama criminale dei gruppi che gestiscono gli affari e controllano il territorio. Nei quartieri come il Quarticciolo-Centocelle, Corviale, Boccea e Trullo si sono invece cementati sodalizi criminali attivi nel settore dello spaccio di stupefacenti sviluppati intorno a figure particolarmente “carismatiche” in ambito criminale. In altre zone della città, invece, risultano operative piazze di spaccio minor”, come ad esempio la zona della Laurentina e piazze di spaccio aperte, cioè senza sentinelle e sistemi di sorveglianza. È il caso del Pigneto e di San Lorenzo.

Mappa dello spaccio a Roma

L’ascesa della ‘Ndrangheta
La ‘Ndrangheta negli ultimi anni ha sempre più allungato le sue mani sulla città. Le famiglie dei Bellocco, i Marando, i Filippone, i Molè, i Piromalli si sono progressivamente radicate a Roma attraverso un processo di “infiltrazione nell’economia legale e illegale, confermato in numerose sentenze, alcune già definitive”. L’organizzazione gioca un ruolo determinante nelle dinamiche criminali romane, “dal narcotraffico internazionale sino al reinvestimento dei capitali illeciti”. Il suo posizionamento nello scenario criminale della città si è fatto gradualmente evidente, come sottolineato alcuni anni fa dal procuratore di Roma, Michele Prestipino.

Era il 2016. Da allora le indagini hanno portato alla luce numerosi aspetti che riguardano l’assetto organizzativo delle ‘ndrine nella Capitale. La ‘Ndrangheta gioca un ruolo determinante nelle dinamiche criminali romane, dal narcotraffico internazionale sino al reinvestimento dei capitali illeciti. E così nella primavera del 2022 per la prima volta emerge che la ‘Ndrangheta ha creato una sua filiale a Roma. Non singoli boss che agiscono nella capitale per i loro interessi personali, ma l’avanguardia della colonizzazione condotta per conto dell’intera cupola nella città del potere.

La “camorra romana”
La camorra a Roma in questi anni ha mostrato tutta la sua capacità di inventarsi e reinventarsi. Da nord a sud, passando per le periferie come Tor Bella Monaca fino al centro storico. In ogni area della Capitale, in ogni affare, in ogni potenziale consorteria. Da sempre Roma, data la vicinanza geografica e le possibilità che può offrire, è meta ambita dai clan della camorra. Nel corso degli anni, tuttavia, lo scenario è modificato, le nuove generazioni hanno preso sempre più potere tant’è che il magma criminale partenopeo si è reinventato, sino a dividersi in due: quella parte malavita infiltrata storicamente nel territorio romano e quella derivata, la cosiddetta “camorra romana”, rinata e rinnovata nella contaminazione con il tessuto socio-economico.

I boss campani hanno sempre scommesso una parte dei capitali illeciti sul mercato legale della ristorazione e dell’immobiliare e un’altra in quello illegale e ancora più redditizio del narcotraffico, come certifica anche una operazione che ha colpito il clan Moccia che ripuliva soldi di provenienza in beni immobiliari e attività di ristorazione, soprattutto nella zona della Roma bene tra Castel Sant’Angelo, Quirinale e Piazza Navona. Ma per raccontare il fenomeno della “camorra romana”, non si possono citare Michele Senese detto ‘O Pazzo’, un punto riferimento della “camorra romana”, e ‘Mimì o Professore’ con i cosiddetti napoletani della Tuscolana.

Cosa Nostra a Roma
La mafia siciliana a Roma fa affari da anni. Dalla droga al gioco d’azzardo, passando al riciclaggio di denaro. Cosa Nostra romana lavora e reinveste. Tra le figure di spicco, e più recenti, c’è quella di Giuseppe Guttadauro, fratello del cognato di Matteo Messina Denaro, già condannato per mafia in via definitiva nel 1996, nel 1999 e nel 2002 e ormai stabilito a Roma dopo la scarcerazione. Guttadauro, detto “il dottore”, è stato ed è – anche dopo l’ultimo arresto – un esponente di spicco di Cosa Nostra palermitana. Un pezzo grosso.

Le attività di Trastevere e Testaccio, due zone storiche di Roma, invece sono state e vengono usate come “lavatrice” dei soldi di Cosa Nostra a Roma. Una indagine del 2021 ha raccontato di un sistematico giro di soldi che ha portato ad apporre i sigilli ad un noto ristorante che proponeva specialità siciliane a due passi dal lungotevere Ripa. Secondo quanto ha appreso RomaToday da fonti dell’Arma all’epoca dei fatti, a finire in manette furono Salvatore Rubino, il fratello Benedetto (arrestato a Portuense) e Francesco Paolo Maniscalco, uomo di fiducia di Giuseppe Salvatore Riina, figlio del defunto Totò.