A Roma il primo trapianto di trachea al mondo su un paziente post Covid
Il delicato intervento è stato compiuto all’ospedale Sant’Andrea dall’equipe di Erino Rendina. I danni alla trachea sono dovuti ai trattamenti di ventilazione a cui sono sottoposti in terapia intensiva i pazienti Covid
AGI – È stato portato a termine con successo al Policlinico Sant’Andrea di Roma il primo trapianto di trachea al mondo su un paziente post Covid-19.
L’intervento, effettuato il 2 marzo su un paziente di 50 anni, è durato 4 ore e 40 minuti ed è stato eseguito dall’équipe del professore Erino Rendina, con la giovane chirurga Cecilia Menna, responsabile del programma Tracheal Replacement del Sant’Andrea.
“Questo successo è motivo di soddisfazione per tutta la nostra comunità e rappresenta un’ulteriore conferma degli eccellenti risultati clinici della ricerca medica e scientifica prodotta dall’Ateneo, al servizio della salute della collettività – ha dichiarato la rettrice Antonella Polimeni -. Il fatto poi che questo intervento veda in prima linea una giovane chirurga è un segnale forte di come le competenze femminili si possano affermare in ambiti professionali come quello chirurgico, tradizionalmente a quasi esclusivo appannaggio degli uomini”.
“Un grande risultato a testimonianza dell’eccellenza clinica raggiunta dal sistema sanitario regionale – ha sottolineato l’Assessore Alessio D’Amato -, voglio ringraziare la Sapienza e i professionisti dell’équipe chirurgica del Sant’Andrea per l’innovativo intervento portato a termine”.
L’intervento chirurgico ha coinvolto 5 operatori ed è stato condotto con sofisticate tecniche di anestesia. La trachea malata è stata rimossa nella sua totalità e successivamente è iniziata la delicata fase di ricostruzione che ha previsto la sua sostituzione con un segmento di aorta toracica criopreservata presso la Fondazione Banca dei Tessuti di Treviso, diretta da Diletta Trojan e perfettamente adattabile alle dimensioni della via aerea del paziente.
“La patologia tracheale era estesa e severa e non poteva essere affrontata con le tecniche di ricostruzione, su cui pure abbiamo maturato una esperienza ventennale – ha spiegato Erino Rendina – e l’unica opzione plausibile era la sostituzione dell’intera trachea con biomateriale”.
“Una delle criticità maggiori nella sostituzione della trachea, tubo rigido e pervio – ha sottolineato Cecilia Menna – è il ripristino della sua rigidità: per questo abbiamo provveduto a inserire all’interno dell’aorta impiantata un cilindro di silicone, la cosiddetta protesi di Dumon, della lunghezza di 10 cm e ripristinato completamente la pervietà aerea, la respirazione, la fonazione e la deglutizione”.
“Dopo un anno di pandemia – ha detto Paolo Anibaldi, direttore sanitario del Sant’Andrea – ci troviamo a fronteggiare quelli che sono gli effetti del virus, come questi alla trachea. Purtroppo ci saranno altri casi con problemi analoghi e noi ci candidiamo ad essere un centro chirurgico di riferimento “.
Il paziente al risveglio dopo l’intervento è stato subito in grado di respirare e parlare autonomamente, non ha necessitato di ricovero in terapia intensiva né di tracheostomia ed è stato trasferito direttamente nel reparto di Chirurgia Toracica.
Sono state effettuate broncoscopie quotidiane per controllare il corretto posizionamento del cilindro di silicone e il buono stato di conservazione del graft aortico.
Il suo decorso post-operatorio è stato regolare e dopo tre settimane dall’intervento, il paziente è stato dimesso, senza la necessità di terapia immunosoppressiva, come avviene invece per gli altri trapianti d’organo, grazie alla scarsissima immunogenicità del graft aortico.