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Fine settimana di Pasqua: a Roma persi 50 milioni di euro, ristoranti e hotel in crisi

Tra hotel e ristoranti a Roma, nel fine settimana lungo di Pasqua, andranno in fumo 50 milioni di euro. Secondo le stime fornite ad “Agenzia Nova” da Federalberghi e Fipe Confcommercio di Roma, negli hotel andranno persi 15 milioni di euro, nei tre giorni a cavallo con la Pasqua, nei ristoranti invece la perdita sarà di 50 milioni di euro nelle sole giornate di domenica e lunedì. Il rilancio dei due settori è collegato in gran parte alla ripresa del turismo, ma per quanto riguarda gli alberghi la situazione è più preoccupante. “La ripresa per gli hotel sarà molto più lontana rispetto a quella di altri settori – spiega Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma -. Ormai per il rilancio bisognerà attendere il prossimo anno. L’andamento dipenderà molto dalla riapertura delle compagnie aeree, dalla ripresa dei trasporti e dal ‘sentiment’ dei consumatori. Se ci sarà un terzo del ridimensionamento della capienza di treni e aerei, per gli alberghi sarà una debacle anche quando riprenderanno le attività”. Secondo Roscioli “molti non riapriranno” anche perché “le misure messe in campo dal governo, a oggi, non sono sufficienti. Servono azioni di supporto che non prevedano l’indebitamento delle imprese. Serve un fondo perduto e altre azioni di sostegno: la cassa integrazione, ad esempio, dovrebbe durare 9 mesi, non 9 settimane”. Nel settore della ristorazione, invece, un primo sostegno alle imprese potrebbe arrivare qualora il governo concedesse la vendita per asporto. Secondo Luciano Sbraga, direttore della Fipe Confcommercio di Roma, “il divieto della vendita per asporto delle vivande ha penalizzato soprattutto i consumatori che, non potendo andare a pranzo fuori, magari avrebbero apprezzato l’acquisto dei piatti tipici della tradizione pasquale al ristorante. Tra l’altro le persone non avrebbero dovuto fare nessuna fila, sarebbero arrivate all’orario stabilito presso il ristorante più vicino, avrebbero ritirato le pietanze e sarebbero tornate a casa. Non comprendiamo – prosegue Sbraga – quali siano le ragioni sanitarie che impediscono l’asporto solo in ristoranti, pasticcerie e gelaterie. Il sistema delle consegne a casa ha comunque i suoi limiti. Consentire entrambe le formule, almeno in questa fase di blocco delle attività, avrebbe permesso alle imprese di poter almeno sopravvivere visto che la situazione è davvero drammatica”. E sulle misure messe in campo con il decreto per la liquidità alle imprese anche la Fipe ritiene che siano “insufficienti. Sei anni – spiega Sbraga – è un tempo troppo breve per restituire il prestito. Tra l’altro molte aziende ci dicono che diverse banche non sono pronte perché non hanno ancora ricevuto le direttive. E soprattutto, queste misure non riguardano le aziende che hanno crediti deteriorati. Ci chiediamo da chi debba andare, per salvarsi, un’impresa che ha avuto problemi in passato e adesso non può usare il credito bancario ed è anche chiusa per l’emergenza sanitaria”. (Rer) © Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Tra hotel e ristoranti a Roma, nel fine settimana lungo di Pasqua, andranno in fumo 50 milioni di euro. Secondo le stime fornite ad “Agenzia Nova” da Federalberghi e Fipe Confcommercio di Roma, negli hotel andranno persi 15 milioni di euro, nei tre giorni a cavallo con la Pasqua, nei ristoranti invece la perdita sarà di 50 milioni di euro nelle sole giornate di domenica e lunedì. Il rilancio dei due settori è collegato in gran parte alla ripresa del turismo, ma per quanto riguarda gli alberghi la situazione è più preoccupante.

“La ripresa per gli hotel sarà molto più lontana rispetto a quella di altri settori – spiega Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma -. Ormai per il rilancio bisognerà attendere il prossimo anno. L’andamento dipenderà molto dalla riapertura delle compagnie aeree, dalla ripresa dei trasporti e dal ‘sentiment’ dei consumatori. Se ci sarà un terzo del ridimensionamento della capienza di treni e aerei, per gli alberghi sarà una debacle anche quando riprenderanno le attività”. Secondo Roscioli “molti non riapriranno” anche perché “le misure messe in campo dal governo, a oggi, non sono sufficienti. Servono azioni di supporto che non prevedano l’indebitamento delle imprese. Serve un fondo perduto e altre azioni di sostegno: la cassa integrazione, ad esempio, dovrebbe durare 9 mesi, non 9 settimane”.

Nel settore della ristorazione, invece, un primo sostegno alle imprese potrebbe arrivare qualora il governo concedesse la vendita per asporto. Secondo Luciano Sbraga, direttore della Fipe Confcommercio di Roma, “il divieto della vendita per asporto delle vivande ha penalizzato soprattutto i consumatori che, non potendo andare a pranzo fuori, magari avrebbero apprezzato l’acquisto dei piatti tipici della tradizione pasquale al ristorante. Tra l’altro le persone non avrebbero dovuto fare nessuna fila, sarebbero arrivate all’orario stabilito presso il ristorante più vicino, avrebbero ritirato le pietanze e sarebbero tornate a casa. Non comprendiamo – prosegue Sbraga – quali siano le ragioni sanitarie che impediscono l’asporto solo in ristoranti, pasticcerie e gelaterie. Il sistema delle consegne a casa ha comunque i suoi limiti. Consentire entrambe le formule, almeno in questa fase di blocco delle attività, avrebbe permesso alle imprese di poter almeno sopravvivere visto che la situazione è davvero drammatica”.

E sulle misure messe in campo con il decreto per la liquidità alle imprese anche la Fipe ritiene che siano “insufficienti. Sei anni – spiega Sbraga – è un tempo troppo breve per restituire il prestito. Tra l’altro molte aziende ci dicono che diverse banche non sono pronte perché non hanno ancora ricevuto le direttive. E soprattutto, queste misure non riguardano le aziende che hanno crediti deteriorati. Ci chiediamo da chi debba andare, per salvarsi, un’impresa che ha avuto problemi in passato e adesso non può usare il credito bancario ed è anche chiusa per l’emergenza sanitaria”. (Rer) © Agenzia Nova