Roma, «La chiusura di bar e ristoranti affossa anche l’agroalimentare»
Le lunghe file ai supermercati, nonostante l’ordinanza di chiusura a Pasqua e Pasquetta, farebbero pensare che il comparto agroalimentare sia tra i pochi a reggere l’urto del lockdown. Se non fosse che lo stallo dell’Horeca (hotel ristoranti e caffè), vitale per la tenuta della filiera e come canale di sbocco di numerosi prodotti, sta avendo pesanti ripercussioni. Soltanto nel Lazio il settore rappresenta il 40% del fatturato complessivo (5 miliardi l’anno), che con la crisi si è polverizzato: a lanciare l’allarme è Federico Sannella, 46 anni, ai vertici della sezione alimentare di Unindustria.
Presidente Sannella, come hanno inciso le misure restrittive del governo sul settore alimentare nella nostra regione?
«Mentre la grande distribuzione e i negozi di vicinato hanno registrato un più 20%, l’Horeca e l’export hanno subito perdite significative».
Quali sono state le attività più colpite?
«Le aziende che producono bibite gassate, ma più in generale tutte quelle che vivono di packaging, sono in sofferenza non soltanto per il crollo della domanda legata al consumo fuori casa, ma anche per l’aumento della tassa su plastica e zucchero che riduce la marginalità in modo importante. Auspichiamo che il governo faccia un passo indietro».
La bella stagione invoglierebbe al consumo di cibi e bevande all’aperto, invece…
«Già… I gelati confezionati e in scatola dovrebbero entrare nel pieno della stagionalità, invece al momento sono senza mercato…».
Quali altre aziende laziali hanno perso una fetta importante dei propri acquirenti a causa dell’emergenza sanitaria?
«I produttori di latte, liquori, sciroppi, salumi, alimenti freschi destinati alla ristorazione, ma anche i caseifici del Viterbese e del Reatino. La pasta tiene, mentre il pane tra bar, mense aziendali, autogrill ha perso almeno il 50%».
Quale scenario temete per il settore ortofrutticolo, dopo le restrizioni scattate nell’Agro pontino?
«Con il blocco è venuta meno la manodopera, situazione che rischia di compromettere la raccolta dei pomodori e dei cereali nei prossimi mesi. È urgente verificare se anche le aziende agricole possono accedere alle forme di credito previste dal governo. Senza la filiera primaria, l’industria della trasformazione si bloccherebbe».
Lei è anche direttore Affari istituzionali di birra Peroni: quali strategie di contenimento avete adottato?
«Abbiamo definito le distanze di sicurezza, fornito guanti e mascherine ai dipendenti, realizzato mense separate e adottato precauzioni stringenti per evitare il contagio. In parallelo abbiamo portato al 100% dello stipendio la cassa integrazione per i dipendenti, per garantire loro il reddito, e aumentato il salario del 15% agli operai che lavorando in prima linea».
Quali interventi ritiene necessari da parte del governo?
«Tutte le aziende in grado di garantire la sicurezza dei lavoratori devono riaprire il prima possibile. Abbiamo apprezzato il decreto “Cura Italia”, sebbene sposti il problema più in là. Se l’imprenditore non fattura, hai voglia a rinviare il pagamento delle tasse e a concedere prestiti…Bisogna anche sostenere la capacità di spesa degli italiani, altrimenti la domanda interna crollerà in modo drastico»